Skabadip is back

 
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Mr. T-Bone & The All Stars - "Mr.T-Bone Sees America"  
(CD - Venus Italia - Italia, 2004)


Vado subito al sodo e comincio con l’illustrare il personale dell’inedita All Stars Band che Luigi De Gaspari è riuscito a mettere insieme appositamente per la registrazione del suo secondo album da solista intitolato "Mr T.Bone Sees America". E’ utile per capire che gran bel disco è.
Gli All Stars comprendono innanzitutto Larry Mc Donald, ovvero un vero veterano della musica giamaicana che suonava professionalmente le percussioni già al tempo in cui a Kingston le musiche di moda erano il Jazz, lo Shuffle ed il Calypso/Mento e che ha registrato con chiunque di importante vi venga in mente dello ska e del reggae giamaicano tipo, che so, Skatalites, Supersonics, Dynamites, Hippy Boys, Chrystalites, Marley, Tosh, Bunny e Jimmy Cliff, possono bastare come esempio?; ci sono poi Freddie Reiter, sax tenore e flauto traverso dei Toaster fin dal 1992, nonché fondatore della New York Ska Jazz Ensamble e gli altri suoi due colleghi dell’Ensamble: Peter Truffa pianista e tastierista veramente notevole ed Andy Stack chitarrista eclettico che passa con naturalezza da Hendryx ad Elmore James a Ranglin; poi c’è Vic Ruggiero, tastierista, pianista, chitarrista e fondatore degli Slackers che, oltre a partecipare in veste di musicista e di produttore, ha fatto in fase di registrazione di "Mr. T.Bone Sees America" anche da esperto tecnico del suono negli studi dove è solito registrare con la sua band a Brooklyn; David Hillyard, già sax tenore dei famosi Hepcat e da tempo negli Slackers e leader nel proprio progetto Rocksteady Seven; poi, come ritmica, Mr TBone ha messo su la coppia inedita e veramente tosta costituita nientemeno che da Ferdinando "Bombadrummer" Masi dei Blue Beaters (un vero maestro del one drop) e da Sheldon Gregg il pallutissimo bassista dei NYSJE. Alla chitarra, infine ma non ultimo, Merigo dei Reggae National Ticket ovvero la reggae-band italiana più nota dopo Africa Unite.
Le tracce di "Sees America" sono state poi mixate e dubbate al famoso Version City Studio (regno di reggae, ska, dub, dance hall, ragga e funk da paura) con King Django (a.k.a. Jeff Becker anch’egli un veterano dello ska di New York fine ’80) al mixer.
Le partecipazioni di quell’ottimo sassofonista che è Parpaglione (sempre dai Blue Beaters), di Bunna (Africa Unite) e del DJ Raymond Wright aggiungono, infine, ulteriori validi motivi per considerare "Sees America" un album estremamente collezionabile.
Detto questo, passiamo alla musica che gli illustri musicisti di cui sopra hanno suonato per TBone, e che non poteva non essere grandiosa: si tratta di 14 tracce di cui 12 completamente originali ovvero scritte, cantate e suonate da Mr TBone.
Una nota sulle 2 tracce non scritte da TBone: una è l’esaltante versione riveduta e corretta in ska di "Good Bye To My Pork Pie Hat" (era ora che qualcuno ci pensasse!) uno strumentale di cui Mingus rimarrebbe soddisfatto; l’altra è "Never Get Enough" una canzone di gran taglio blues il cui autore è Peter Truffa, scorre su una potente base rocksteady/early reggae tradizionali e mentre l’autore duetta con TBone. Una delle mie preferite.
La lingua prevalente in "Sees America" è l’inglese ma "E Lo Sai" e "Ferma Il Tempo" (con la partecipazione del citato Wright) sono senza dubbio, oltre che belle canzoni luminose ed intense, espressione della capacità di TBone di passare disinvoltamente dall’inglese all’italiano e viceversa utilizzando con efficacia e senza ripetersi stili che passano dal più moderno dance hall ("Ferma il Tempo") e dal più classico reggae lover ("Let Me Cross The Sea") allo skalypso ("Bring Me Back") ed al rocksteady estremamente soulful ("Easy"), più tradizionali e caldi che mai.
Ma ascoltando l’ultimo disco di TBone si possono ballare anche un primigenio e bollente Shuffle/R&B ("Give Me a Call"), un vero ska tradizionale che melodicamente ricorda Opel e i Wailers del 1965 e che è invece interpretato con passione da Bunna nel 2004 ("Everyday") ed uno splendido reggae anni ’70 caratterizzato da grande dub e da una melodia di grande originalità ("Sweet Child") veramente da non perdere.
Insomma in "Sees America" c’è, tutto insieme, tutto quello che un vero appassionato di ska e reggae impara ad apprezzare di questa musica! E c’è, pure, un secondo strumentale, intitolato "Comunque, dunque, contemporaneamente" uno ska jazz caldo e soft con melodia da anni 60 che farebbe impazzire un patito di musica lounge.
E adesso, per concludere, veniamo a Lui, MrTBone il trombonista, armonicista, compositore, arrangiatore, paroliere, solista e, se non bastasse, cantante che è andato a "Vedere l’America" e che è da ritenersi uno dei maggiori interpreti moderni dello "ska" in Italia oltre ad essere tra i più stimati dai suoi stessi colleghi italiani e da quelli della costa atlantica degli USA.
Il De Gaspari, oltre all’indubbia padronanza del suo strumento, canta alla grande e riesce a trasmettere con i suoi arrangiamenti tutta la passione entusiasmante, vitale e sincera per una musica bella, calda, avvolgente, più moderna che mai e di cui il cd "Mr TBone Sees America" è senz’altro un ottimo esempio. Dieci e lode!

Sergio Rallo




 
 
 

The Termites - "Do The Rock Steady"  
(CD - Heartbeat - 1991)


Dei tanti gruppi vocali giamaicani che lottavano tra il ’66 ed il ’68 per "venire a galla", quello dei Termites, un duo composto da Lloyd Parks ( noto poi anche come notevole bassista in "Double Barrel" e "Monkey Spanner") e dal mai più sentito Wentworth Vernal, è uno dei pochi che arrivò a registrare un intero ellepì ( leggasi: raccolta di 45 giri).
Intendiamoci, non è che fossero più bravi di gente come the Rulers, the Silvertones ( che riusciranno a fare il loro primo album nel 1972!) o the Overtakers, tutt’altro, è che anche la fortuna, nel decretare il successo di un gruppo, gioca la sua dannatissima parte e così, eccomi a scrivere delleTermiti invece che dei Sovrani, dei Tonalità d’argento o dei Sorpassatori!
Il cd contiene 12 brani, uno (Mommy Didn’t Know ) in più rispetto all’originale vinile e ripescato negli archivi di Coxone da cui arrivano anche gli "extended mixes" della banalotta canzone che dà il titolo al disco e della successiva e decisamente migliore My Last Love.
Dalle citate prime due tracce si capisce subito che il duo è ispirato ai Techniques e non è un caso che Parks sostituirà più tardi Pat Kelly proprio in quel gruppo. In particolare, Lloyd Parks, sembra ispirarsi decisamente allo stile vocale di Slim Smith.
Veramente rilassato e rilassante in tutta la sua durata, precursore di un nuovo rallentamento dei ritmi, come al solito, in quel periodo, elaborati dai Soul Brothers/Soul Vendors, il disco fa lo strano effetto di risultarmi leggermente diverso ogni volta che l’ascolto.
"Go Back To Your Country", "Have a Mercy Mr.Percy" e "Heartaches" che si sente che sono state registrate in altra occasione e, comunque, almeno qualche mese prima delle altre canzoni, sono tra i miei brani preferiti, ed è da ascoltare attentamente che cosa "tira fuori" Jackie Mittoo, come suono della tastiera, nella traccia intitolata "It Takes Two To Make Love", giusto per dare la dovuta dimensione del genio musicale del leggendario tastierista.
L’apparenza del Rocksteady, in maniera particolare quello di Do The Rocksteady, è che sia musica "soave", delicata…ed è anche vero, se lo si ascolta a basso volume, come sottofondo, magari mentre si scrive una recensione…ma appena alzi il volume e pompi il basso, ecco che il soave Rocksteady dei Termites si trasforma in potente ipnotico. Per tutti.

Sergio Rallo




 
 
 

The Toasters - "Dog Eat Dog"  
(Mini CD - Grover Records - US, 2000)


Nuova uscita, un pò in sordina, per gli inossidabili niuiorchesi. 4 brani per un quarto d’ora di musica. La band si presenta con la miliardesima formazione della sua storia. Dopo la dipartita di Malles, Reiter, Faulkner, Mc Cain e the Sledge, è rimasto il solo Bucket, memoria storica e non solo dello ska d’oltreoceano, del nucleo originario della band. Devo confessare che negli ultimi anni il gruppo si è trascinato con alti e bassi, senza mai uscirsene con prodotti da far gridare al capolavoro. Qualche ottimo pezzo qua e la, ma mai vere e proprie pietre miliari. E se penso che lo stratosferico “Dub 56" risale alla bellezza di 7 anni fa, mi crescono ciocche di capelli bianchi tutte all’improvviso.
Veniamo a questo singolo, o mini cd che dir si voglia. Nonostante i cambiamenti di formazione, li si riconoscerebbe tra mille band. Un sound alla Toasters inconfondibile. La voce di Bucket è già gran parte del brano, poi c’è che quel basso sincopato, sempre uguale a se stesso, indipendentemente da chi lo suona. Ai fiati manca forse qualcosa. Reiter e Faulkner, ecco cosa manca. Non so se mi spiego.
Si inizia con il brano che da il titolo al disco. Uno ska allegro, preciso, con stacchi, fiati puntuali e cambiamento di ritmo. Si prosegue con il rifacimento di un loro vecchio e splendido pezzo: “Social Security". E qui manca qualcosa. C’è un rallentamento generale, una stanchezza di fondo, la mancanza di energia ed entusiasmo. Non mi piace.
Poi si prosegue con “why oh why" un ragga-rap-ska cantato dal redivivo Jack Ruby. Un pochino insipido.
Dulcis in fundo, chiude il tutto “Barney". Un altro ragga, leggermente dubbato. Non il mio genere.
Non so, una parte di me ha un indefessa ammirazione per Buck e tutto quello che fa, l’altra parte mi dice che qui c’è odor di riciclo. Insomma, non ne sentivo il bisogno.
Però non dispero e attendo impaziente l’uscita del “best of" della band, che mi si dice ormai imminente, con cofanetto superlusso con interni superaccessoriati. Quello si che sarà da non perdere.

Antonio Crovetti




 
 
 

The Toasters - "Don't Let The Bastard Grind You Down"  
(CD - Moon Ska Records - US, 1997)


Ci sono gruppi che preferiscono registrare alla maniera dello Ska tradizionale e del Jazz in presa diretta i propri lavori. Altri, come i Toasters, sudano letteralemente le sette camicie dentro lo studio per suonare, risuonare, provando e riprovando ancora. Questa, come dire, è la storia non scritta del loro ultimo CD.
Si sono sprecati, i nuova yorkesi di "Bucket" Hingley, con 17 pezzi di un repertorio che ritmicamente è molto vario.
Il problema è, sono i Toasters diventati noiosi, pur essendo tecnicamente , qualitativamente e artisticamente molto più evoluti rispetto al loro Ska-rock melodico degli inizi di "Pool Sharck", oppure siamo noi ascoltatori che ci annoiamo? Dopo 15 anni e soprattutto 8 LP come si fa ad avere sempre nuove idee per stupirci?
Beh, in fin dei conti penso che la bravura maggiore di questa band americana sia proprio quella di racchiudere sempre nei propri dischi un buon numero di canzoni particolarmente belle. Questo vale anche per DLTBGYD, che come i precedenti ha degli apici e delle cadute di gusto. Certamente molto migliore del loro precedente album "Hard Band For Dead" , questo disco vede i suoi cavalli di battaglia, ma sempre secondo la modesta opinione del sottoscritto, nello strumentale "Jackie Chan" del trombonista Faulkner, in "Bye, Bye Baby" dal sapore RnB, nella brillante e solare "Today Is a Good Day" e nell'altro strumentale presente nel disco dal titolo "Big Red".
E certo mi prenderò anche il prossimo disco, e il prossimo..e il prossimo ancora.

Sergio Rallo




 
 
 

The Toasters - "Enemy of The System"  
(CD - Asian Man Records - US, 2002)


Tra ristampe, edizioni speciali, stampe inglesi americane brsiliane, edizioni limitate, compilations e quant altro, non so più a che numero siano i dischi dei Toasters. Diciamo che siamo attorno al quindicesimo album e non se ne parli più. E insomma, ogni volta che si vede un nuovo album dei Toasters, c’è di che essere contenti. Più per una questione di affetto e di riconoscenza magari che per vera passione per la loro musica. La riconoscenza verso questa band e in particolare verso Bucket è universalmente nota e ne è partecipe qualsiasi rude boy del pianeta immagino.
Senza di lui, niente third wave (ma nemmeno niente original style revival), niente moon records, probabilmente pochissime band tra le centinaia nate grazie alla moon e a chi diffondeva questo genere sarebbero esistite. E tutto questo trascende un po’ dall’effettivo piacere che può dare l’ascolto di un disco dei Toasters.
Già perché a dire il vero amo tantissimo i Toasters prima maniera, quelli di Frankenska, Skaboom, Pool Shark, ecc ecc, poi mi sono un po’ staccato, anche se mai stancato dalla band.
Questo nuovo Enemy of the system porta qualche novità, due direi. Innanzitutto, questo è il primo disco dei toasters prodotto da un’etichetta che non sia la Moon Records (fallita nel 2000). Esce per la solida Asian Man, nota per alcune buone uscite punk e ska (MU330, Let’s Go Bowling, Five Iron Frenzy…), cinque anni dopo il loro ultimo studio album, "Don’t Let The Bastards Grind You Down". Seconda novià è il rientro nella band di personaggi come Sledge alla tromba e di Jack Ruby Junior alla voce. Nella band anche Bufford O’Sullivan (Scofflaws, New York Ska Jazz) al trombone.
Il limite dei Toasters è che forse si può già sapere su quale falsa riga sarà il disco, prima di ascoltarlo. Il livello è di quelli alti, come i Toasters da sempre ci hanno abituati. Uno ska un po’ two tone, un po’ third wave, sezione ritmica sincopata e fiati in abbondanza alla menta piperita. Proprio nella sezione fiati, a mio parere, la sorpresa più positiva: melodie finalmente degne di questo nome e virtuosismi in quantità. La voce di Buck è nota a tutti, sempre più calda e sempre più matura.
Le canzoni sono carine, a mio modesto parere. Carine e nel tipico stile Toasters che a volte trovo un po’ uguale a se stesso. Non ci sono veri e propri picchi o brani che rimarranno in mente a lungo. Sono in tutto 14: 12 “ufficiali" e due tracce nascoste, di cui una è un remake di “Social Security".
Tra le migliori, “Pirate Radio", “Enemy of the System", l’ottimo rocksteady “Pendulum", la raggamuffin inna Ruby Stylee “Why oh Why" e “Barney", dedicata all’ormai leggendario barbutissimo personaggio addetto al merchandise ai loro concerti. Chi non gli avrà mai chiesto almeno una volta “what’s the price of that t-shirt?".
Solite strizzatine d’occhio al blues con un remake di Sweet Home Chicago, questa volta intitolata “Sweet Home Town Jamaica".
Lunghissima vita ai Toasters!!!!!

Antonio Crovetti




 
 
 

The Toasters - "The Best of The Toasters"  
(CD - Moon Ska Europe - 2000)


Credo che nessuno abbia nulla da dire circa l’importanza di questa band sulla scena Ska mondiale e di quanto Bucket e soci abbiano fatto con la loro Moon Records (RIP) nel lanciare e produrre gruppi sconosciuti.
Personalmente è da un pò di tempo che non riesco più ad annoverare la band nella cerchia delle mie favorite. Come per tanti altri fan della prima ora, all’ascolto di vecchi classici come “Run Rudy Run", “Decision at Midnight", “East Side Beat" e “Shocker", un brivido riaffiora ancora oggi, dopo tanti anni. Il problema è che i Toasters ultima maniera, intendendo con questo gli ultimi 3-4 album, non mi hanno più entusiasmato.
La formazione che cambiava col volgere della luna nuova, la migrazione verso altre terre dello ska di Reiter, Faulklaner, Mc Cain e compagnia hanno, a mio parere, appiattito il suono della band, rendendolo a tratti scontato e comunque, senza che raggiungesse più quelle vette da brivido già citate. Quella batteria pestata, il basso sincopato e una sezione fiati ridotta a comprimaria dopo la perdita dei mostri sacri Faulkner e Reiter.
Ad ogni modo, e che piaccia o no, il disco si riconoscerebbe tra un milione, nella collezione di CD del bravo rude boy. Si tratta di una confezione in metallo, piacevole al tatto, il cui contenuto, però (in termini di grafica e booklet) lascia alquanto delusi. Dentro infatti, 5 fotografie modello “figurine Panini" della band in diversi momenti della sua esistenza sul cui retro è stampata una sorta di nota celebrativa di Bucket, dei Toasters e della Third wave dello ska.
Poco che già non si sapesse e forse eccessivamente celebrativa nei confronti di Bucket, tanto che altri elementi storici dei Toasters, di cui ho parlato poc’anzi, non vengono mai nominati.
La scaletta dei 21 brani la si può immaginare: di tutto un pò, partendo dai primi lavori ed arrivando in ordine sparso, agli ultimi. Il primo approccio non è stato dei più felici. Non so voi, ma come prima cosa ho notato l’assenza di pezzi inediti e la presenza di “Weekend In L.A.", una delle mie preferite, nella orribile versione dell’album “Don’t Let The Bastards Grind You Down. Anche il fatto che i brani siano buttati lì senza un ordine preciso (mi piacciono le compilations cronologicamente corrette, e allora??) ha fatto storcere le mie orecchione.
Poi però, l’ascolto dei vecchi classici “East Side Beat", “Thrill Me Up", “Shocker", “Pool Shark" e delle altre 4 o 5 pietre miliari della band mi hanno decisamente tirato su il morale. Poi, sull’onda degli ultimi dischi dei Toasters, è un alternarsi di alti e bassi.
Alti, se si tratta di materiale vecchio con qualche piacevole eccezione come “Dub 56", “I Wasn’t Gonna Call You Anyway", “Talk Is Cheap", “Social Security". Bassi non da poco riferiti ai vari “Ploughshares Into Guns", “Havana", “Two Tone Army", “Weekend In L.A." (mi è rimasta di traverso sta versione, si era capito?) e un paio di altri.
Alcune delle mie preferite non compaiono, ed ecco perché a me non piacciono molto i “best of". No dico, voi avreste lasciato fuori “Go Girl", “Manipulator", “Mr. Trouble", “Mona", “Speak Your Mind"? Beh, ognuno dica la sua a questo punto.
Nel complesso un’opera sufficiente. Adatta forse più a chi non ha avuto il piacere di seguire i Toasters fin dagli esordi che al fan della prima ora. Sempre senza dimenticare la gratitudine che lo Ska deve a Bucket e soci.

Antonio Crovetti




 
 
 

Tokyo Ska Paradise Orchestra - "Full Tension Beaters"  
(CD - Grover Records - 2000)


E con questo fanno otto! Ottava perla in levare in una dozzina d’anni di attività per gli strepitosi Tokyo Ska Paradise Orchestra, finalmente in stampa anche in Europa. Si perché fino ad oggi, per recuperare un solo disco di questi rude boys del sol levante bisognava esibirsi in salti mortali carpiatissimi con triplo avvitamento. Popolarissimi nella madre Patria, i TSPO godono da qualche tempo di un discreto seguito anche da noi, nel vecchio continente, grazie ad un mini tour lo scorso dicembre per promuovere questo CD. Si tratta di un album davvero variegato, come il gelato all’amarena. Registrato alla stragrande; roba da veri professionisti.
Il contenuto è versatile: si spazia dallo ska tradizionale, dai ritmi piuttosto sostenuti e danzerecci tipici della band, a incursioni a 360 gradi in altri generi musicali, dal jazz allo swing passando attraverso qualche dub sofisticato, che anche chi non ama il genere (io, ad esempio) può apprezzare, come nel caso della fischiettabile “Skarada Dub" e di “Jon Lord".
Quello che la band ha saputo trasmettere con questo CD è la sensazione di immediatezza che il gruppo sa infondere nei loro concerti. E’ un suono avvolgente, caldo. Difficile da spiegare: la sensazione è quella di avere la band che suona su un palco improvvisato in casa propria.
Veniamo al contenuto: 15 brani di ska “in a sentimental mood". Brani con trame diversissime tra loro, basati ora sui fiati, ora sulle tastiere, ora sulle chitarre. Il mio preferito: “The BIG MAN Still Standing", un brano sostenuto dai fiati in modo eccelso, con intermezzo fischiato che gli dà un tocco in più. Ascolto il pezzo e vedo una folla ballare all’unisono presa da una melodia ipnotica. “Monsoon Town" da l’idea di un brano da colonna sonora di commedia americana anni ’60. “5 Days Of Tequila" è uno ska divertente e veloce, con stacchi e stop and go improvvisi. Un pezzo da “cichicì cichidà", per intenderci. “Theme From Enter The Dragon" farebbe la sua porca figura nel prossimo 007, mentre “Brave Eagle Of Apache" consiste in 5 minuti di fiati a manetta ai quali è praticamente impossibile resistere.
“Guts For Saxophone" e “Interlude" sono due swing un pò alla Royal Crown Revue, con venature jazz.
Inutile soffermarsi sui contenuti dei singoli pezzi, tutti estremamente coinvolgenti e orecchiabili. Un’ottima orchestra con ottimi musicisti. Tutto da godere, tutto da ballare. Unico neo, la scarsità di informazioni nel booklet dell’album.

Antonio Crovetti




 
 
 

Tommy McCook - "Blazing Horns/Tenor in Roots"  
(CD - Blood And Fire - Inghilterra, 2003)


Proprio all’inizio della mia passione per lo ska alla fine dei gloriosi anni’80 mi era capitato di incontrare nei cataloghi dei mail order che frequentavo l’album datato 1979 "Blazing Horns" accreditato a Tommy McCook e Bobby Ellis (rispettivamente sax tenore e flauto traverso nonché leader di Skatalites e Supersonics il primo e prima tromba dei Soul Brothers, Dynamites e Crystalites il secondo) ma non lo presi affaccendato com’ero (e come lo sono tuttora) in blues, ska (two tone, original o contemporaneo che fosse), jazz e soul/r&b.
Non colsi l’occasione di acquistarlo neppure nei primi ’90 quando, gradualmente, l’album cominciò a sparire dai cataloghi e quando ormai tra le mie passioni rientrava anche tutto il reggae.
Ovviamente, in armonia con la legge di Murphy, pochi anni dopo, quando cercai "Blazing Horns" per approfondire doverosamente la mia conoscenza dell’opera del "Tenor Titan", l’album era sparito. Succedeva una decina di anni fa!
Finalmente, grazie all’etichetta inglese Blood and Fire Ltd, posso oggi ascoltare "Blazing Horns", per la prima volta non solo rimasterizzato (peraltro dallo stesso Kevin Metcalfe che masterizzò l’originale edizione del 1979) ma anche con l’aggiunta di quello che è un vero e proprio "ghost album" prodotto da Glen Brown anch’esso composto di 9 tracce, di cui due registrate nel 1972 e le altre negli anni successivi intitolato "Tenor in Roots". Quest’album, cito dalle note del booklet, non è mai stato pubblicato ufficialmente, essendo stato stampato solo una volta con etichetta anonima nel 1977.
Inoltre la traccia che dà il titolo all’album è in una fantastica versione estesa di 8 minuti e 20 di dub sopraffino non presente nell’originale set, mentre altre due tacce, che portano a 20 il contenuto del cd, sono un "b" side di un 45 giri intitolato "Lamb’s Bread" versione strumentale di una canzone di Glen Brown e il 12" "Riding West".
Insomma, dati i "bonus tracks" l’attesa è stata ripagata ampiamente: questa edizione 2003 di "Blazing Horns" con l’aggiunta di "Tenor in Roots" è un album speciale come speciale è la musica che scorre per ben 75 minuti consecutivi.
La line up indicata nelle note al cd (ma solo per le prime 10 tracce) è fornita da Sly & Robbie con Clinton Fearon ed Albert Griffiths dei Gladiators rispettivamente chitarra solista e chitarra ritmica ed Ansel Collins all’organo mentre il comun denominatore di tutte e 20 le tracce è il trattamento al mixer eseguito da King Tubby e Prince Jammy nei Tubby’s Studios di Kingston.
Tra le tracce che da sole valgono senza dubbio l’acquisto di "Blazing Horns" consiglio "Mine Eyes", "Ites Of Zion", "Jah", "More Music", "Tubby’s Control", "South Side Feeling", "Gold Street Skank", "Everyday Sax" e "Harry Meet Tommy" con l’alto sax Dirty Harry a duettare con Tommy. Nelle tracce facenti parte di "Tenor in Roots" laddove non v’è il solo McCook, si coglie la presenza del trombonista Vin Gordon e di diverse sezioni ritmiche.
Ogni brano di "Blazing Horns/Tenor in Roots" è caratterizzato da melodie coinvolgenti, effetti dub di notevole fascino, assoli e ritmiche potenti ed incalzanti non dissimili da quelle create per album famosi di McCook come "Top Secret" o "Cookin’".
"Blazing Horns" è, per concludere, un disco che colpisce per quella sua perfetta attualità che mi permette di dire – retorica post mortem a parte - che nonostante siano già passati sei anni (5 maggio 1998) dalla scomparsa di McCook, il suo sax sia oggi più fiammeggiante (blazing) che mai!
Consigliato oltre a tutti i fan ed estimatori di uno dei più famosi musicisti giamaicani agli appassionati dell’opera di King Tubby e ai maniaci di reggae strumentale.

Sergio Rallo




 
 
 

Tommy McCook & The Supersonic - "Top Secret"  
(CD - Beatville Records - Olanda, 1999)


"Green Mango" il brano che apre, a parer di chi scrive, il miglior disco strumentale mai registrato dal mitico sassofonista, è solo la prima di altre 13 perle musicali che, grazie a questa sconosciuta etichetta dei Paesi Bassi, è possibile ora godersi senza i fruscii (quando non vere "grattate") che caratterizzano la stampa giamaicana dell’epoca come le ristampe.
Non solo, il set originale di composizioni è di 10 tracce, ergo si trovano, in questa riedizione, con piacere altri 4 brani-bonus che fino ad oggi erano rimasti solo sul retro di 45giri pagabili a peso d’oro per la loro rarità.
I musicisti coinvolti nella registrazione di questo splendido esempio di Reggae strumentale sono, ovviamente, tutti personaggi "chiave" del periodo dello Ska e dell’"Early Reggae": Lloyd Nibbs, Drumbago & Sly alla batteria, Jackie Jackson, Brevette, Shakespeare al basso, Jah Jerry, Lynn Tait e Earl "Chinna" Smith alla chitarra, Wright, Gladdy Anderson e Mittoo alle tastiere. Alla tromba c’è Bobby Ellis che è partner fidato di Mc Cook in tutti i dischi degli anni 70 (Cookin’, Brass Rockers, Hot Lava etc.).
Il trombonista nella "line up" elencata nel cd non c’è ma di sicuro si tratta di Vin Gordon.
Come si vede ci sono ben tre differenti sezioni ritmiche è questo è probabilmente dovuto all’essere "Top Secret" prodotto da Winston Riley non nuovo a fare delle raccolte con brani registrati in diverse session e con personale variabile ( come per "Double Barrel").
Perso tempo in dati pseudo-tecnici, se devo dire qualcosa sulla musica contenuta in questo cd, posso assicurare che è un meraviglioso viaggio attraverso la quasi totalità di ritmi Reggae possibili ed immaginabili o quasi; tutti con linee di basso potentissime, levare di fiati, e tastiere sempre in movimento e poi il "veleggiare" del nostro Tommy con i suoi assolo pieni di sentimento...vi basta?
"Wild Bunch" è un Reggae notturno in cui la sezione fiati ad un tratto si "incendia" per poi tornare a cullarti nel "notturno" con un conciso solo di Mc Cook.
La successiva "Green Apple" è solare e piena di Soul, con la esse maiuscola.
È ovvio che potrei andare avanti a parlare con tutto questo entusiasmo di ogni brano dell' album in discorso che contiene anche alcuni ritmi familiari a chi non abbia una passione poco più che superficiale per "da Muzik", ma per chi è interessato all’Artista bastano i titoli "Jungle Skank", "Big Bad & Bold", "Midnight Time", "Sweet Soul Special" è quello che cercavate: Super Reggae Instrumentals Supersonics Stylee!!!

Sergio Rallo




 
 
 

Toots & The Maytals - "Ska Father"  
(CD - Artists Only! Records - US, 1998)


La musica Ska è estremamente viva e pulsante in ogni paese del mondo ormai e sempre più spesso enormi interpreti della musica giamaicana si stanno proponendo come artisti Ska.
Non è il caso di Toots il quale nello Ska/rocksteady più che in certo pop-rock-reggae ha sempre creduto come dimostrano i suoi molteplici dischi ( aggiungo: uno più bello dell’altro).
Nonostante ciò, l’emozione di ascoltare che Ska sia in grado di proporre Toots nel 1998 c’è stata ed il risultato è che devo segnalare Ska Father come uno dei migliori dischi del genere in assoluto.
Mi pare ovvio che, se dovessi dilungarmi come faccio di solito, sul gruppo vocale giamaicano per fama secondo solo a Marley, scriverei un libro, ergo, dando per scontato che chi legge sappia almeno che si sta parlando di uno dei più dotati cantanti del mondo, parliamo del disco.
Ska Father letteralmente scoppia al primo pezzo: You Really Got Me è l’unica canzone il cui autore non sia Frederick "Toots" Hibbert, ed è un grandioso Ska che, come tutti quelli che lo seguono, ha le tinte spiritual/gospel della incredibile voce del cantante.
Se poi uno degli Ska del passato che vi piacciono di più è Broadway Jungle (aka Dog War), bene, non potete assolutamente perdervi ( dopo la versione rocksteady del ’68) la versione 1998, è più pulita e mancano gli urli della giungla all’epoca fatti da uno del terzetto, ma è altrettanto energetica e vitale; in vena di riproporre "vecchie" (quando mai queste canzoni potranno mai diventare vecchie?) hit in stile Ska, Toots ci travolge con una luminosa e sempreverde Pressure Drop che nessuno potrebbe riproporre meglio ed, anzi, a me piace ancora di più dell’originale!
Cori, accompagnamenti di sezione fiati, melodie originali arrangiamenti semplici ma efficacissimi assicurano voglia di cantare dietro al mitico Toots e di ballare a più non posso per tutti gli altri 9 "gioielli" di questo nuovo album di Toots & the Maytals.
Le ultime tre tracce sono le "version", strumentali, delle prime due e di The Right and Wrong Way. Toots canta, com’è sempre stato nello stile del gruppo, anche un bel lento, una ballata; ed una più funkeggiante Do you belive ma, non contento, ne approfitta per scrivere anche una delle più belle canzoni Ska dedicate alla notra musica che io ricordi: Peter, James & John nel cui testo si può ascoltare quella che per tanti come me è la verità delle cose "…in reggae music we find our redemption, when you’ll listen to the beat it makes you want to dance when you’ll remember it it make you feel allright, and it can’t get it out your mind..".
Agli strumenti poi, questo cd registrato in giamaica, elenca un nugolo di musicisti molto familiari agli amanti del rocksteady giamaicano e dell’early reggae visto che alla batteria ci sono Paul Duglas( che con i Maytals "fa coppia" da almeno 20 anni ) o Winston Grennan ( già batterista nei Caribbeats di Bobby Aitken), al basso l’unico fratello Barrett rimasto("Family Man"), Jackie Jackson ( già Dynamites, per il quale vale più o meno quanto detto per Douglas), alla chitarra Red Bryan, l’inossidabile Hux Brown (anch’esso già Dynamites) ed alla tastiera Winston Wright( ma non era morto nel ’90?) e Harold Butler, alla sezione fiati Dean Frazer al sax, Nambo Robinson al trombone nonché David Madden e Johnny Moore alle trombe. Insomma, più d’un motivo per andarselo a prendere dallo spacciatore di reggae personale.
Prima di concludere, però, un’ultima considerazione: Darei per scontata l’incazzatura di Laurel Aitken nel momento in cui dovesse giungergli notizia o, peggio, si trovasse in mano il cd che reca, sul cellophane che l’avvolge, il bollino con la dicitura: "All new album by the Godfather of Ska".

Sergio Rallo




 
 
 

Toots & The Maytals - "True Love"  
(CD - V2 Records - US, 2004)


Che meraviglia questo ultimo, freschissimo album di Toots Hibbert che, per l’occasione, si fa accompagnare in ogni canzone da alcuni tra i più famosi artisti al mondo. Si dirà: facile, tu sei un maniaco di Toots & the Maytals addirittura auspicandone l’insegnamento a scuola. Confermo in pieno e "True Love " ne è la ragione.
Su 17 tracce (che vantano tutte collaborazioni "stellari ") 5 sono per me delle complete novità: "Still is Still Moving to Me " che è una canzone di Willie Nelson ed è lui che duetta con Toots ed il risultato è fenomenale; "True Love is Hard To Find " che è scritta da Toots ed è cantata in duetto con la chitarrista Bonnie Raitt; "Take A Trip " è scritta a quattro mani con Bunny Wailer e "Merry Blues " è, invece, di Manu Chao, mentre "Love Gonna Walk Out On Me " è con, niente popò di meno, Ben Harper.
Sono, invece nuove, (tutte stupende) versioni delle più famose canzoni del Nostro le rimanenti canzoni, tra cui devo segnalare "Pressure Drop " con Eric Clapton, "Bam Bam " con Shaggy, "Funky Kingston " con i the Roots, "Reggae Got Soul " con Marcia Griffiths e Ken Boothe, "Careless Ethiopians " con Keith Richards e, ancora una version di "Reggae Got Soul " con Gentleman, "54 46 Was My Number " con Jeff Beck e "Sweet and Dandy " con Trey Anastasio.
Per gli appassionati di ska Toots ripropone poi "Monkey Man" in cui è accompagnato dai No Doubt e "Never Grow Old " (dal suo primissimo album per Coxsone Dodd [R.I.P.]) in cui Toots è accompagnato dagli Skatalites al completo nonché da Terry Hall (vi ricordate degli Specials, vero?) e da Mr. DJ U Roy!
"True Love" è un album elegante, lussuoso, dai ritmi potenti e coinvolgenti che si presta fantasticamente ad assurgere a disco dell’estate se solo lo "pompassero" di più alla radio e tv (cosa che, a nemmeno 2 mesi dall’uscita, non si è ancora verificata) ed anche se non lo fanno è per me senza dubbio il migliore disco reggae del 2004. E’ per me senza dubbio il miglior disco rhythm & blues del 2004. E’ per me il miglior disco rock/blues del 2004. E' per me il miglior disco dance hall del 2004.
Tra le mie preferite indico volentieri la canzone di Willie Nelson, "True Love is Hard To Find ", "Time Tough ", "Funky Kingston " e "Love Gonna Walk Out On Me".
True Love è, anche, un vero e proprio riconoscimento di tutti i grandi artisti che si sono prestati (o offerti) alla sua registrazione ad uno dei più sinceri, appassionati ed appassionanti soul man di tutti i tempi: Frederick "Toots" Hibbert.

Sergio Rallo




 
 
 

Top Cats - "Mr. Donkey Paradise"  
(CD - autoprodotto - Inghilterra, 1999)


Non si esagera quando si indicano i Top Cats di Londra come la migliore formazione ska inglese dai tempi dei Potato Five e ne ho avuto la conferma vedendoli ad un concerto a Milano.
I Top Cats, infatti, sono stati splendidi con la loro originalissima musica ska e proponendo cover di brani tradizionali.
Il loro album di debutto, di cui ora mi occupo, non raggiunge i 40 minuti di durata ma in compenso, i 9 brani ivi racchiusi sono un concentrato di potenza musicale.
La maggiore originalità dei Top Cats è data dalla particolare voce del cantante (che, alle volte, ricorda il giovanissimo Errol Dunkley se non Delroy Wilson) e alla formazione in sé, che vede l’assenza di tastiere e piano ma la presenza di 2 chitarre, e 4 fiati che, insieme ad una batteria precisa e decisamente roots ed un contrabbasso di piena ispirazione “Brevette" spaccano letteralmente il c. !
Sul CD si possono ascoltare rotolanti strumentali dalla cattiveria notevole come “Tear The Place Down", “Let Them Go" o “The Chalice Of Fu Manchu" e bellissime canzoni come “Calling Your Name" e “Caught In A Fire".
Selvaggi e originali fino al midollo sono dunque i Top Cats che raggiungono il “top" con la potente “Lay Down the Law" ed il rilassantissimo strumentale “Blue Lagoon".
Eccellente debutto ed immancabile tassello della storia recente dello ska.

Sergio Rallo




 
 
 

Tremende - "Accelerare e Rallentare"  
(CD - Gridalo Forte Records - Italia, 1998)


Le Tremende dovrebbe essere un gruppo al femminile ma la presenza di maschietti nell'harem fa si che "dovrebbe" e non "è".
Il cd "Accelerare e Rallentare" che sta girando nel mio lettore, rientra nel sempre più prolifico ribollire (era ora!) dello Ska nostrano; nel campo, Le Tremende, musicalmente si presentano come "gruppo Ska" a tutto tondo, spaziando nel rocksteady, nel reggae e nel dub quel tanto che basta ma, sia subito detto, senza sorprendermi per originalità.
Il disco scorre via, traccia dopo traccia, facendosi ascoltare e facendoci ascoltare, a partire dalla prima: un leggero Pop-Ska dalla natura swingheggiante ("Accelerare e Rallentare"); un altro Ska d'atmosfera piuttosto "two tone"("Sottofondo"); un piacevole Rocksteady-reggae meno semplice di quel che sembra("Brand New Lovers"); a seguire, un veloce, sempre di ambiente "two tone", che si scorda facilmente("Il 37"); un easy Ska che ricorda da vicino gli Arpioni di qualche anno fa("Jah"); il vecchio giro di 54 46 dei Maytals come intro al Reggae-ragga che invita tutti quanti a farsi un "porrone"( il bolognese per "spinellone" e "cannone") che è, a mio avviso, il brano "debole" dell'album in quanto, pur condividendo il discorso antiproibizionista su canapa e derivati, trovo testo e melodia piuttosto brutti ("Emozione"); di nuovo, in accelerazione, il cd incalza con("Entra Sueño y Realidad"), brano in spagnolo, che risulta essere uno dei migliori di Accelerare e Rallentare; seguito da un carino, sonnolento e cool Rocksteady che funziona meglio ascoltato ad alto volume ("Viaggiare"); dopo il "lento" che lo precede, ben ci sta questo ("La Giostra") Ska a velocità crescente che cresce, cresce e cresce e poi, mai impressionandomi, termina di botto; chiude la "session" delle Tremende un reggae-dub dalla natura strumentale e caratterizzato da un cantato che rende il tutto piacevolmente "etno" ("Dub Theme") mi piace abbastanza da farlo rientrare anch'esso tra i migliori e più originali brani di "A. e R." ma che, per quanto riguarda il dub pare cogliere un poco impreparati i responsabili del mixing.
Consigliato a tutti i neo appassionati della musica che qui si ama ed agli appassionati di lungo corso che hanno nella loro raccolta il settore "Ska italiano" e tengono al suo continuo aggiornamento; sconsigliato a duri del Punk-oi!-hardcore.

Sergio Rallo





 
 



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