Skabadip is back

 
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Harddiskaunt - "Ed è Subito Party"  
(CD - Supple Productions - Italia, 2003)


L’intenzione degli Harddiskaunt è quella di proporre un disco per l’estate che, anche nel titolo, richiama la festa e che festa sarà mai se non una festa ska?
Quello che suonano gli HD è, infatti, prevalentemente un’accattivante miscela di ska/rock (“La Soluzione" e “Fiesta") senza, però, disdegnare certo reggae classico come “Night Clippin’" (il cui cantato sembra riconducibile ai Fishbone) che ho apprezzato sinceramente, quanto l’intrusione “salsera" della citata “Fiesta".
Vari e variegati sono, infatti, gli Harddiskaunt che propongono in “Ed è subito party" cover ska del famoso strumentale surf “Miserlou" ed una del tutto inaspettata di “Do You Really Want to Hurt me?" degli scomparsi Culture club di Boy George, alle quali alternano piacevoli ska swing alla maniera di Paolo Belli come “Scooter Boy" e rocksteady da spiaggia come “Ganja Song".
Ska rock veloce e potente con intrusioni ska/core caratterizzano “L’attimo" mentre l’unico strumentale di Ed è subito party, ovvero “B.B.Ska" rende senz’altro lustro alla formazione che conclude questo affatto noioso album con le dub versions di “Night Clippin’" e di “Ganja Songs".
E allora facciamoci ‘sto party!

Sergio Rallo




 
 
 

Harddiskaunt - "Skaterpillar"  
(CD - autoprodotto - Italia, 2000)


Il manifesto di questi sei giovanotti provenienti dalle sponde del lago di Como tra due seni non interrotti…ops forse ho sbagliato qualcosa, il lago è quello Maggiore e Dante Alighieri non centra niente (Salvo del Grande Fratello docet).
Torniamo a parlare del manifesto di questa band formata intorno al 1996 da sei elementi provenienti dalla provincia di Varese nel tratto compreso tra Luino e, appunto, Varese chiamato Spondamagra, manifesto che è riassunto nella prima canzone di questo cd, il pezzo della durata di ben cinque minuti e sedici secondi che prende il nome di “Spondamagra Rudeboy" ci fa capire lo stile di vita e di ska che contraddistingue questa band.
Il modello di vita è quello del Rude Boy giamaicano precursore degli attuali Skin (birra, f..a, divertimento e buona musica), mentre la musica visti gli ideali sopra descritti non può che essere di ottimo livello, infatti si parte da uno Ska molto vicino a quello degli esordi giamaicani con vari cambiamenti di ritmo che in certi momenti rasentano lo Ska-Core per finire in raggamuffin con una venatura Oi nei coretti.
Il secondo brano è “Skaterpillar" da cui il nome del cd e del programma radiofonico condotto settimanalmente dal bassista e dal cantante su Radio Lupo Solitario, ottima intro per i concerti dal vivo (premetto che non li ho mai visti on stage e quindi è solo una mia supposizione) che vagamente influenzato da James Bond (the killer) mette sull’avviso il pubblico sull’alto livello qualitativo di questa band.
Testo alla “Io e Lui" di Moravia (se ben ricordo) nella terza canzone “Costretti a eiaculare (è il mio corpo che cambia)" in cui il soggetto conversa amabilmente con il membro (non della band). Canzone ispirata da Giovanni Lindo Ferretti inventore e leader di CCCP prima e dei CSI poi, non so se sia un complimento ma a me non lo sembra.
Rallentiamo il ritmo e sfociamo nel Reggae-Dub di “Amsterdam Train" che ritroviamo anche alla fine del disco in versione drum & bass remix.
Ottima musica negli strumentali “Green eyes ska" o “Indian ska" e testi che vanno dal sociale di “Su la testa" al semi-demenziale di “Lo squalo" completano questo cd a parer mio veramente ben fatto. Cosa aspettate a procurarvelo?

Massimo Boraso




 
 
 

Hepcat - "Push ‘n Shove"  
(CD - Hellcat Records - US, 2000)


Della (pare) traumatica uscita di Raul Talavera – sax alto della band fin dagli esordi – resta traccia nei saluti/ringraziamenti del ricercato, elegante, soave 4° lp degli Hepcat dal titolo Push ‘n Shove.
Dei pettegolezzi circa il possibile loro scioglimento Io, Me, De Profet, me ne frego come continuerò a fregarmene dei pettegolezzi in futuro, preferendogli di gran lunga i fatti: l’eccellente musica che gli Hepcat hanno registrato per il suddetto CD.
Subito dall’inizio, con l’omonima "Push ‘n Shove", il disco concede molto più spazio a ritmiche Rocksteady original , con splendidi arrangiamenti degni delle migliori band giamaicane dei tempi che furono ( Comets e Carib-beats in testa), sia per la sezione fiati che per le ritmiche che, nella successiva cover "Tek Dat", si trasformano in un sinuoso ed incalzante Reggae.
Dopo 27 secondi di un piccolo " ‘Lude 1" di ambito Dub, un altro splendido reggae con melodica di contorno ed effetti dub si appalesa come il primo brano degli Hepcat cantato da una donna, Karina Denike, lead vocal in "Prison Of Love". Segue un brillante strumentale da "imbrunire davanti ad un margarita" nel quale splende la tromba di Kincaid Smith e non si rimpiange la batteria di Narvas rimpiazzato da un efficace Scott Abeles.
Ma il meglio deve ancora arrivare e lo si capisce quando si ascolta "Comin’ On Strong", un Rocksteady "sostenuto", azzeccato "dance crasher" con assolo i tastiera e melodie vocali perfette, fuori dal tempo nel loro rilassante andamento.
La successiva "You And I" è una canzone d’amore su base Reggae, punteggiata dalla tastiera e con un assolo di chitarra degno di Ranglin.
La soavità di "You And I", viene subito sostituita dal migliore brano che ho trovato su "Push And Shove" che, guarda caso, si intitola "Beautiful", non è ska, non è rocksteady, né reggae, ma è splendido in assoluto; il groove è tosto, il jazz scorre, le voci incantano, il pianoforte balla e la sezione fiati è insistente. Bravi Hepcat, che bella canzone!
Altro Rocksteady divertente è il successivo "The Region" che per le ritmiche ricorda tanto la citata band di Lyn Taitt, i Comets/Jets, mentre la successiva cover "Gimme Little Sign", sembra, sempre per le ritmiche, uscita da una session dei Soul Vendors…altro " ‘Lude" (n.2), sempre dub, per passare allo ska strumentale "The Spins" ulitmo pezzo prima del reggae "Live On", che chiude l’impeccabile lavoro della migliore formazione di musica giamaicana tradizionale degli anni ’90.
Consigliato a tutti i Rude Cats là fuori.

Sergio Rallo




 
 
 

Hepcat - "Right On Time"  
(CD - Hellcat/Epitaph Records - US, 1997)


Terzo brillante album dei leader americani dello Ska tradizionale. Come detto altrove hanno creato una vera e propria moda laggiù in California. E ascoltando i 13 brani capirete anche voi come mai il gruppo di Alex Desert e Greg Lee ha colpito così profondamento l'immaginazione di molti giovani che oggi suonano la loro stessa musica.
Per quello che riguarda i brani del dischi, la traccia numero 4 "The Secrets"è la versione 1997 dell'omonimo brano del loro CD di debutto intitolato "Out Of Nowhere" etichetta Moon Records, stavolta in versione Rocksteady. L'apprezzatissima cover "Rudies All Around" di Joe White e la versione 1997 della lamentosa "Nigel"che è stato il loro 45 giri di debutto nel 1990 sono assolutamente da ascoltare nei loro nuovi "grooves".
In concerto sono splendidi, propongono ottima musica avendo un ottimo gusto.
Nel disco anche la gradita sorpresa di un "ghost track" che è anch'esso la versione 1997 di un loro vecchio brano, che non vi diciamo qual'è perchè siate costretti a cercarvelo come abbiamo dovuto fare noi :-)

Sergio Rallo




 
 
 

The Hotknives - "Screams, Dreams and Custard Creams"  
(CD - Grover Records - 2000)


Alla buon ora!!! Erano quasi quattro anni che stavo aspettando un seguito al loro ultimo lavoro "Home". Per chi già li conosce, questo è un disco da prendere a scatola chiusa; senza “se" e “ma", “senza forse" e “non saprei".
Lo stile è il loro. Puro Ska-Pop all’inglese. A tratti divertente, a tratti Two-Tone, a tratti malinconico. Come è tipico degli Hotknives, poca importanza ai fiati. Si gioca molto su tastiere, chitarra e voce. Soprattutto su quest’ultima vale la pena di spendere due parole.
La voce di Mick Clare penso sia un buon 70% della musica della band di Brighton. Molto inglese, di quelle che ti vien voglia di metter su l’acqua per il tè. Arrabbiata, dolce, melodiosa e calda allo stesso tempo.
Per l’impronta inconfondibile che da anni hanno dato alla loro musica, credo che gli Hotknives si siano ritagliati una fetta di pubblico molto elitaria, quasi limitata. Gli Hotknives non possono piacere “abbastanza"; non possono “non convincere del tutto". O piacciono, altrimenti li si lascia proprio perdere.
Io appartengo ai primi. Come detto, sound tipicamente inglese, con testi tipicamente inglesi, a volte ironici, a volte più impegnati sullo stile working-class, a volte malinconicamente sentimentali. Della musica già ne ho parlato un pochino però a me piace un sacco.
Il disco inizia tipo Intercity Milano-Roma delle 7.05, binario 14 e non si da una calmata fino alla traccia numero 7 (“Happy Holiday"). In precedenza il sudore era iniziato a scendere a fiumi con pezzi come “Summer Never Comes Too Soon" dal retrogusto al sapore di Madness, “In The Papers Today", “Same All Over The World".
Poi è un susseguirsi di ritmi più o meno veloci; brani con repentine variazioni di tempo. Tutti con un denominatore comune: melodie davvero grandi sostenute da una grande voce e da ottimi musicisti. Ancora grandi pezzi come “Broken Heart", “Smokin’ on Sundays", “W.L.N.", “Last Song On The Jukebox".
Non è che posso elencare tutte le canzoni del disco, vi pare? Un disco divertente, succoso, fresco, diverso. Da provare. Lo adoro.
Adesso gradirei che la Grover mi spedisse qualche disco davvero scadente, altrimenti passo per un corrotto. Non è che producono anche dischi metal?

Antonio Crovetti




 
 
 

Hopeton Lewis - "Take It Easy"  
(CD - K&K Records - 199?)


Se nella Rough Guide of Reggae (Rough Guides, UK, 1997) questa ristampa del rarissimo disco del 1967 di Hopeton Lewis, non è citata ed anzi è auspicata nel trafiletto di commento del suddetto disco, l’interrogativo, là sopra, sulla sua data di uscita, potrebbe risolversi con un 1998.
Ma potrebbe anche essere sfuggita agli – per lo più – attentissimi autori del suddetto testo( Steve Barrow e Peter Dalton), tanto frammentaria è la distribuzione di certi dischi, soprattutto e sfortunatamente per il nostro genere...
Ho perso tempo a spiegarti ciò caro/a Skabadipper, solo perché, di fatto, quello di cui si parla è uno dei capolavori del Rocksteady, anzi, E’ IL Rocksteady e, di conseguenza, ci vuole la dovuta e rispettosa precisione nello scriverne.
Take It Easy è un disco di Rocksteady nella sua scorrevolissima, swingosissima forma primigenia: solo un pochino più lento dello Ska di neppure 6 mesi precedente e solo un pochino più veloce del Rocksteady che avrebbe prevalso alla fine dello stesso anno.
Ad onor del vero, come ultima nota "esteriore", non posso non appurare come tanto è il mio rispetto nel parlare del disco, tanto poco è stato però quello profuso dall’etichetta nell’occuparsene dato che si è "sprecata" facendo un cd senza neppure mezza nota di copertina che è, nella faccia interna, un tristissimo quadrato bianco!
Detto questo, come si è già capito dal mio tono, dal punto di vista della splendida musica in esso contenuta, Take It Easy è un capolavoro: senza dilungarmi molto sulle qualità vocali del veramente ottimo Hopeton Lewis ( che dopo questo disco diventerà il cantante in Byron Lee & the Dragonaires e vincerà il Festival della canzone nel ’70 con Boom Shacka Lacka per Duke Reid) i 10 brani contenuti sono tutti irresistibilmente belli.
Apre le danze la "title track", un vero classico della musica Ska e affini, di cui mi vengono in mente, tra le numerose versioni, quella immediatamente successiva di Prince Buster e, ai nostri giorni, quella di Steady Earnest; la chitarra di nientemeno che Nearlyn "Lynn" Taitt ed il piano di Gladstone Anderson sono però ciò che fa la differenza nella "original version".
Sound and Pressure è un caldissimo "body shaker" dominato dal pianoforte di Anderson che si accende in un ritmatissimo solo per poi rilasciarti cullare dalla melodia blues-eggiante cantata da Lewis; più "sostenuto" è Deh Pon Dem che ha il suo ritmo più percussivo spiegato nel colpo di rullante su ogni battuta ed il suo momento più alto nel solo del leader dei the Jets (già Comets); il successivo brano, Crying Crying - una "sentimental ballad" in stile americano, cantata in duetto con un’altra bellissima voce maschile di cui non so dirvi nulla di più - ci dona il momento di tranquillità prima di ricominciare a dondolarsi in altro Rocksteady, questa volta una cover, dal titolo Let the Little Girl Dance, un pezzo in cui il solo di sax sembrerebbe di Mc Cook anche se Taitt usava anche Headley Bennett; non poteva mancare, in un disco giamaicano del 1967, un pezzo intitolato "Rocksteady",giusto? ed ecco, sesta traccia di questo disco, People Get Ready ( This Is Rocksteady), ed immediatamente a seguire quello che, a mio spassionato giudizio, è il migliore pezzo del disco: Cool Cool Collie, una canzone che, oltre ad essere caratterizzata dal delicato e sognante cantato di Hopeton Lewis il quale, a questo punto dell’album, già rientra tra i tuoi artisti preferiti, è anche la prima canzone giamaicana dedicata alla ganja a questo punto costringendomi a ricordarti che "collie, is not a dog"; avvicinandosi la fine di questo cd che dura solo poco più di mezz’ora, c’è la bellissima This Music Got Soul, e sta pur certo che Lewis è in grado di convincere chiunque l’ascoltasse anche distrattamente…per me, ovviamente, non c’è dubbio: THIS MUSIC GOT SOUL!; come penultimo brano c’è una più sedata What You Gonna Do con il suo penultimo, grande accompagnamento di chitarra da parte di Taitt; il disco si conclude con il pezzo This Poor Boy, la cui base ritmica fornita dai Jets, simile a quella della traccia # 3, viene cavalcata dall’ultima apprezzata performance vocale e dall’ultimo amabile solo di chitarra. Senza dubbio un valido esempio di che musica ottima veniva prodotta dalla Merritone, nei Federal Records studios di Ken Khouri; da procurarsi!

Sergio Rallo




 
 
 

Los Hooligans - "Traditions"  
(CD - Moon Ska - US, 1997)


Dodici tracce in questo disco di debutto dei californini Los Hooligans, una più avvincente dell’altra. Una formazione, quella dei Los Hooligans, il cui sound si rifà, partendo dallo Ska tradizionale, più allo Swing anni ’60 e alla Latin-Music che alle sonorità più tipicamente giamaicane.
Un ottimo "tiro", arrangiamenti accattivanti della sezione fiati – della quale fanno parte ottimi solisti – luminosi strumentali e canzoni molto diverse tra loro sono le peculiarità di questo cd.
L’assenza di Rocksteady e Reggae fa supporre una scelta artistica precisa che non si risparmia brani molto veloci e moderni come"Wrong Side of The Tracks", la molto latineggiante "Lady In Red" e il bellissimo strumentale "Sonora".
Se doveste trovare questo cd sul bancone del vostro negoziante di fiducia, acquistatelo senza timore e che lo Ska sia con voi.

Sergio Rallo





 
 



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