Skabadip is back

 
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Kalles Kaviar - "Early Bird"  
(CD - Leech Records - Svizzera, 2003)


Mi occupo sempre volentieri dei Kalles Kaviar, band svizzera con i piedi ben piantati nello ska tradizionale, e sue dirette derivazioni rocksteady ed early reggae, come conferma questo loro nuovo album intitolato "Early Bird".
E’ passato un decennio dall’epoca in cui i Kalles Kaviar mi fecero avere la cassetta/demo "Marocco 172.90" (era il 1996!) e di ska/reggae la band ne ha macinato veramente parecchio.
"Early Bird" consiste in 14 tracce rilassatamente godibili tra cui cover di classici non dissimili dagli originali tipo "A Thing Of The Past" della Dillon o la bella "Cleopatra" dei Tennors, pezzi propri come l’early reggae "She’s a Scorcher" (sulla falsariga di "Engine 54") o lo ska (che mi è piaciuto maggiormente) intitolato "Flying On Cloud Nine" e vede anche le prestigiose partecipazioni di King Django (Stubborn/Skinnerbox) nella bella canzone tra rocksteady e dance hall intitolata "Fooled and Punished" e di Mr Symarip/Pyramids ovvero Roy Ellis che canta i tre early reggae "Must Catch A Train", "Try Me Best" (due classici presenti nel mitico album Skinhead Moonstomp) e quella che dà il titolo all’album.
Bella la voce femminile che canta il rocksteady "It’s Gone" e la cover della Dillon, come ottima è la ritmica che sorregge l’intero album e che dà buona prova di sé anche nell’unico strumentale ska "Centoneando" degno delle migliori performance di band come i New York Ska jazz Ensemble.
"Early Bird" è un buon disco che conferma la linea artistica dei Kalles Kaviar già ampiamente palesata con l’album Make Wonder e la formazione di Basilea come la risposta svizzera agli inglesi Intensified. Da seguire.

Sergio Rallo




 
 
 

Kalles Kaviar - "Make Wonder"  
(CD - Leech Records - Svizzera, 2000)


"Make Wonder" è il primo vero e proprio album della formazione svizzera Kalles Kaviar, nonostante, discograficamente, il gruppo sia già conosciuto ben oltre i confini dello Stato d’appartenenza.
Comincio subito col dire che con questa registrazione i Kalles Kaviar si meritano un 10 con lode.
"Make Wonder" contiene 12 tracce tra cui non ce n’è neppure una debole; variamente ispirati al meglio della musica tradizionale giamaicana, in linea con quanto già fatto dagli Intensified inglesi, è evidente che Kalles Kaviar sono migliorati parecchio dai tempi dei loro esordi sotto ogni aspetto: ritmiche, tiro, arrangiamenti e composizione in generale.
Quanto detto si può verificare, sia ascoltando la loro versione del classico di Mancini "A Shot In The Dark" ispirata all’interpretazione leggendaria di Alphonso e Taitt, sia ascoltando uno Ska più moderno come "The Inspector". Ed il giudizio resta immutato cambiando leggermente di "sottogenere", come nel caso dello Ska R&B dal titolo "Go His Way" o come l’ottimo (anche perché è una composizione originale) "Nine Feet Tall", un "jerky" Early Reggae che alle mie orecchie ha sussurato: "questi ska men svizzeri hanno LE PALLE".
Molto bello, anche perché familiarmente orecchiabile, è poi lo strumentale "Havana Jetstream" in cui la citazione di Don Drummond da parte del trombonista dei Kalles Kaviar è un omaggio al controverso musicista giamaicano, membro degli Skatalites ai quali, peraltro, tutto "Make Wonder" è dedicato.
A legittimare ancor di più il giudizio positivo che do a "Make Wonder", oltre la title track, una buona interpretazione di una delle canzoni (eccellente ska/spiritual) di Prince Buster che amo di più: "Wash Wash".
Bella anche la copertina che strizza l’occhio agli anni ’60 ma che è secondaria all’ottima musica contenuta in "Make Wonder". Da collezione.

Sergio Rallo




 
 
 

Kalles Kaviar - "Marokko 172 90 - Ska x 7"  
(Cassetta - autoprodotto - Svizzera, 1996)


Lo Ska tradizionale sta prendendo sempre più piede, o come dicono gli anglofoni, trad-Ska rules!
Anche in Svizzera molti gruppi si rifanno chiaramente alla sonorità "roots". E i Kalles Kaviar di Basilea rientrano tra questi. I sette brani che troviamo in questa cassetta - che segue la loro comparsa su le compilation Skampler - denota un’influenza dello Ska Two-Tone piuttosto pesante.
La ritmica però è quella giusta, quella insegnata da Lloyd Brevette e Lloyd Knibbs. Il colore "Two Toneggiante"è dovuto più che altro ai suoni scelti per la registrazione che rispecchiano un approccio più moderno e sono piuttosto freddi. La voce poi, piuttosto stridula, ricorda di più quella del McPherson che di Alton Ellis.
Tre cover su 7 brani sono "Water Mellon Man" di Herbie Hancock, "Was It Me" di Rudy & Sketto e "Madness" di Prince Buster sottolineano il genere di riferimento di questi musicisti svizzeri.

Sergio Rallo




 
 
 

Kebana - "Nirja"  
(CD - Etnagigante - Italia, 2003)


Se volete godervi ottimo Ska, eccellente Reggae, notevole Rocksteady e validissimo Dub, il tutto perfettamente ancorato alla tradizione musicale che adoriamo e tenuto insieme da testi esclusivamente in dialetto siciliano carichi di immagini che, per giunta, facilmente raggiungono la poesia, bé “Nirja" dei Kebana è l’album che fa per voi.
Sono, infatti, rimasto seriamente impressionato da “Nirja", da ognuno dei 10 brani in esso contenuti, fin dal primo ascolto.
E se già mi ero esaltato per le cover offerte recentemente dai Ferraresi Cookoomackastick, il godimento dato dal disco dei Kebana, che contiene tutti originali prevalentemente farina del sacco di un dotato Alessandro Faro, autore di quasi tutti i pezzi, mi rende ancor più fiero di essere italiano e, ovviamente, siciliano, dato che l’Italia sta esprimendo negli ultimi anni, sempre più numerosi e validi talenti ed i Kebana ne sono un altro esempio.
La musica dei Kebana, infatti, si avvantaggia di una sezione fiati “colta", perfettamente dosata nonché di arrangiamenti apprezzabili sotto tutti i punti di vista (si ascolti l’affascinante Ska “60 Anni" con la geniale citazione di “Ciuri Ciuri" proposta dalla tromba suonata da Mr. Roy Paci).
Tutto è tenuto su da una ritmica classica e precisa, dotata di “tiro" e sulla quale i solisti (in particolare il piano di “Rootska"), la chitarra (“Funeral Ska") ed i tromboni si muovono a proprio agio, facendolo sempre con stile; una ritmica che passa da esaltanti Ska come quello citato o come “Ramuni Vessu" o quello altrettanto bello che apre l’ascolto di Nirja intitolato “Strana Avventura", a profondi Reggae Roots pregni di dub come “Giubileo" o a Rocksteady/Ska d’ispirazione Marley come “L’isola" che si è attestata subito tra le mie preferite (contrappunti di tastiera e piano, fiati, cori: tutto esaltante) insieme ad “Ultimo Amico".
I testi, come accennato sopra, sono poi veramente belli – i migliori che abbia ascoltato da tempo immemore - ricchi di sentimento ed in nessun caso ideologici.
Su “Nirja" ci sono, poi, anche due validissimi Ska strumentali citati prima “Rootska" e “Funeral Ska" in cui l’attenzione si sposta dal convincente cantante/batterista ai musicisti di una formazione che si becca senza pensarci due volte il bollino di qualità di SkabadiP. Garantisce “Da Profet".

Sergio Rallo




 
 
 

Ken Boothe - "Mr. Rocksteady"  
(CD - Studio One - 1996)


Una volta reperibile soltanto nella versione in vinile di dodici brani ristampa dello stesso disco del 1967, con tutti i problemi che questi comporta (fruscii, scratch, malformazioni del vinile, tic e bop vari) è uscito – non sappiamo dirvi la data effettiva – lo stesso LP in CD con due brani aggiuntivi: la prima, sconosciuta, "Run Comming Back" e la familiarissima "Artiebella" riconoscibili come aggiunta anche perché sono di almeno sei mesi precedenti al materiale originale dell’LP.
Ken Boothe, soprannominato il Wilson Pickett della Giamaica, ci dimostra in questo lavoro del perché di questo appellativo. La sua è veramente una voce piena di Soul, che in tutti i quattordici brani cavalca con un meraviglioso senso della melodia alcuni tra i migliori ritmi Rocksteady che siano mai scaturiti dagli strumenti dei Soul Brothers.
La versione di più di cinque minuti di "I Don’t Want To See You Cry", la famosissima e mille volte riproposta "Puppet On A String", la cover di Sir Mack Rice "Mustang Sally" sottolineano ancora una volta la pesante influenza Soul nella musica degli anni 60 giamaicana. Ma ci vorrebbe un’accurata recensione per ogni brano di questa imperdibile raccolta.
"This is Rocksteady", "Home Home Home", "Led The Water Dry" sono tra i successi più duraturi dell’allora giovanissimo interprete giamaicano.
Potreste mai perdervi un disco il cui titolo è "Mr. Rocksteady"?

Sergio Rallo




 
 
 

King Django - "A Single Thread"  
(CD - Leech Records - Svizzera, 2003)


Il sottotitolo di questa compilation "Select Recordings 1992 – 2003" non tragga in inganno: Jeff Baker in arte King Django si occupa di ska almeno dall’86 e, quindi, era ora che uscisse una raccolta come "A single Thread" che, figurato, significa "un’unica linea di pensiero che collega le parti di una storia" (Oxford Advanced learner’s Dictionary, Oxford University Press 1990).
La storia è quella di King Django da New York, iniziata nei Too True nel 1985, proseguita nell’ottima band di Olivier Rhee e John Patterson the Boilers (1988), per passare a creare gli Skinnerbox prima e gli Stubborn Allstars dopo; l’unica linea di pensiero, manco a dirlo, la musica giamaicana.
Tutta la musica giamaicana, ovviamente, tenuto in considerazione che, come molti fan si possono aspettare, "A single Thread" passa in rassegna ska tradizionale, rocksteady, reggae, ragga, dub, dj, hip hop ed anche funk, saccheggiando il repertorio di Skinnerbox a cominciare dal bel rocksteady "Does He Love You" che apre l’ascolto più altre 7; ma anche di Stubborn di cui la bellissima "Rise to Find You" ed "Open Season" tratte dal primo album intitolato appunto "Open Season" sono tra le migliori.
Grande Ska strumentale sempre gli Skinnerbox lo offrono con "Falafel Hoummous", mentre con gli sconosciuti Don Khumalo King Django propone uno ska in spagnolo "No Mas Errores".
Melanconico è lo ska che dà il titolo alla compila, canzone nel cui arrangiamento bene sta il violino che la caratterizza.
Quasi folk è lo strumentale percussivo "Lifeboat" con flauto e armonica mentre un gran bel reggae moderno è "Move Like Ya Gone" al quale preferisco il "rootsy" "Precipice" che anch’essa annovero tra le migliori del disco.
Sorprendente ho trovato essere "Shtiklakh" che, cantata in tedesco (!), possiede una chitarra che sembra mutuata dal sirtachi greco, si tratta di un’altra canzone di impatto decisamente folk ma sempre su ritmi skanchettosi.
Il ragga/dancehall "LKO" è un martello degno di quanto ultimamente si ascolta provenire dalla Giamaica mentre "Hepcat Season", che prende in giro gli Hepcat all’apice della loro fama, è un talkin/dj sulla ritmica di uno ska tradizionale che conclude l’ascolto.
Chi conosce già King Django e ne apprezza le doti di ottimo cantante ed autore non mancherà di reperire "Single Thread", chi non conosce né lui, né le band con cui ha suonato o suona potrà cogliere l’occasione ampliare i propri orizzonti musicali. Fedele alla linea.

Sergio Rallo




 
 
 

King Django & The Scrucialists - "King Django meets The Scrucialists"  
(CD - Grover Records - Germania, 2003)


Reggae Reggae Reggae! Per chi non lo avesse capito, quello di cui mi occupo ora è un ottimo disco di Reggae.
Alla voce di King Django (che mi è familiare fin dal 1988 quando capitanava i The Boilers) non si può opporre alcuna critica: canta veramente alla grande, scrive gran belle melodie e se non bastano le innumerevoli prove di ottima composizione che ha dato con gli Stubborn Allstars ecco a confermare tali impressioni il presente album con gli Scrucialists.
12 canzoni, una più bella dell’altra, tra puro reggae, dancehall, un poco di ragga, Dj, rockstesady, dub e D&B è il frutto di questo felice incontro.
Le prime tre tracce "I Don’t Wanna Work That hard", "This Pain" e "Love Ain’t Weak" sono veramente una più bella dell’altra. Nonostante lo siano perché suonano al mio orecchio più classiche, non sono da meno "Feast" un vero raggattone con la partecipazione di Dr. Ring Ding che può farvi danzare sul tavolo più vicino…mica c’è solo Sean Paul, no? e "Dancehall Rock" (sempre con Dr. Ring Ding).
C’è poco da fare: questo disco è dinamite in ogni traccia ed i testi non sono mai "cazzoni", ascoltarsi "Youths Don’t Give Up" per capire.
Ma King Django (vero nome Jeff Baker) si rivela pieno di vero "blues" in una canzone bella e "sentita" come "Turnings". C’è anche una sola traccia Ska dal titolo "Really" dedicata al periodo dello Ska Two Tone, anchèessa molto carina.
Ineccepibile l’accompagnamento della band che si rivela formidabile sotto ogni punto di vista e che rende quest’album uno dei migliori dischi di reggae moderno. Da avere.

Sergio Rallo




 
 
 

King Stitt - "Reggae Fire Beat"  
(CD - Jamaica Gold - 1997)


Non si discute, quello che potete ascoltare in questo ennesimo, splendido CD della Ja Gold, è veramente Reggae Fire Beat!
Suonato, con quel particolare Swing giamaicano, da una delle formazioni (anch’essa molto mobile visto che nella lista di musicisti – che nel booklet di tale etichetta sono sempre molto dettagliati e precisi – risultano ben quattro batteristi!) più ipnotiche del Reggae, The Dynamites.
Sotto tale nome si cela la "studio band" di Clancy Eccles che tra il ’69 e il ’70 ha avuto la brillante idea di registrare 16 tra le poche (circa 30) performance su vinile che abbia mai lasciato il padre di tutti i Dj (il nonno era un più oscuro ma senza ombra di dubbio più bello Count Machuki) ovvero sua maestà King Stitt.
Descrivere il suo stile non è facile, ma a me pare di cogliervi addirittura l’antenato della parlata Ragga. È declamatorio, fa degli annunci, spesso dicendo cose che risultano oggi difficili da comprendere ma la voce di Stitt tendente al rauco e reminiscente di certi Talkin’ Blues, la si può apprezzare in pieno nel bellissimo Reggae dal titolo "Oh Yeah" dove il "Re" si produce in un bellissimo cantato in duetto con Clancy Eccles!
All’ascolto del brano (originariamente interpretato da Peggy Lee e Bunny Goodman Orchestra) si capisce ancora meglio la scorza dell’artista, del toaster che, per una volta, dice ai cantanti: "sono capace anch’io". Per tutti voi che avete vissuto fino ad adesso senza conoscere King Stitt, uno dei più brutti uomini della terra, perché, se è vero che il Rap è nato dal toast che i giamaicani immigrati a New York s’erano portati dietro, merita molta più considerazione di quel che gli è stata tributata fino ad oggi.
E come direbbe l’amico Vito War: Rispetto per "The Ugly One"!

Sergio Rallo




 
 
 

Kontea - "Solo Questa Notte"  
(CD - autoprodotto - 2000)


Non sarebbe una cattiva idea quella di consorziare lo ska ed il rocksteady orobico, proprio come si fa col Parmigiano e col Gorgonzola. Un marchio che certifichi la provenienza prealpina del prodotto. La qualità va tutelata, per bacco! E insomma, eccoci di fronte ad un prodotto, uscito già da tempo a dire il vero, allevato in terra bergamasca, come tanti altri prodotti di qualità, vedi gli Orobians ed gli Arpioni e la polenta taragna.
Siamo seri per favore adesso. Ultimamente la band non brilla per la sua attività itinerante, tanto che qualche dubbio sulla loro esistenza è lecito.
Il sound è quello classico appartenente alla branca dell'orobic ska. Un filo sottile lega vicendevolmente i Kontea con Arpioni e Orobians, ricordando in alcune cose, ora gli uni, ora gli altri. Amando da sempre queste band, non posso apprezzare tantissimo anche l’album di questi Kontea. Registrazione non impeccabile, ma nel complesso un prodotto decisamente sopra le righe. L’impronta è quella di uno ska che ricorda molto gli Arpioni di qualche anno fa, quelli di Papalagi, per intenderci: ascoltando “La strada per due" e “Dalle meteore a Istanbul" o “Mi aggiro", il riferimento viene naturale.
Altrove, alcune sonorità e alcuni riffs degli ottoni ricordano da vicino i suoni gravi e profondi degli Orobians. La similitudine è quasi scontata se si pensa che la sezione fiati è composta da due quinti di quella degli orobians. Se poi si aggiunge che in più d’un brano, la sezione si ritrova al gran completo, allora si capisce bene il perchè delle similitudini di cui sopra.
Ma non si pensi che i Kontea non abbiano una propria personalità. Ognuno dei 10 pezzi del disco si regge bene sulle proprie gambe e gli arrangiamenti sono tutto sommato originali e niente affatto scontati, anche nelle impegnative covers presenti sul disco e nelle intrusioni jazzistiche ben supportate da una chitarrina sicura (Chameleon). Una nota più che positiva riguarda la bellissima voce di Alessandra davvero ottima e piacevole da ascoltare in “Secret agent man" e “Love For Sale", due delle tre cover del cd.
Ska di origine controllata. Garantito a vita. Davvero buono.

Antonio Crovetti





 
 



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